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C'ERA DIO A TREBLINKA?

FRANZ – La banalità del male

Un uomo normale, cortese, tranquillo. Un marito e un padre attento, capace di condurre una vita serena e ordinaria. Eppure, Franz è stato comandante dei campi di sterminio di Sobibor e Treblinka, responsabile della morte di circa un milione di persone. Un paradosso che mette i brividi: la vita quotidiana convive con l’orrore, l’ordinario si intreccia con l’indicibile.

Un punto di vista che inquieta

Sul palco, la voce di Franz — interpretato da Tino Danesi — si fa racconto lucido, apparentemente sincero, disarmante. Non c’è caricatura, non c’è maschera demoniaca: c’è invece la normalità inquietante di chi compie il male senza sentirsi colpevole, convinto fino alla fine di poter essere assolto.

L’Olocausto visto dai carnefici

Lo spettacolo rifiuta di offrire un’immagine rassicurante o caricaturale del nazismo. Perché quel tipo di rappresentazione, per quanto mostruosa, rischia di allontanare, di rendere il male qualcosa di esterno, di “altro”. Qui, invece, si sceglie di attraversare l’orrore dal punto di vista dei carnefici, per mostrare la banalità del male, la sua terribile prossimità.

Una minaccia sempre attuale

La normalità dei vari Franz è ciò che fa più paura. Ci ricorda che il confine tra il bene e il male non è una linea netta e rassicurante, ma un terreno fragile, instabile. Nessuno può dirsi del tutto immune. Ed è proprio questa consapevolezza a rendere urgente il teatro: il palco diventa specchio, ammonimento, esercizio di memoria collettiva.

Non un mostro, ma un uomo

Franz – La banalità del male non cerca di giustificare, né di assolvere. Cerca piuttosto di restituire la complessità di un essere umano che ha scelto di non vedere, di non sentire, di non assumersi la responsabilità. E nel suo racconto emerge la domanda più inquietante: quanto siamo davvero diversi da lui?

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Dramma Storico

di

Andrea Dalla Zanna

regia

Tino Danesi

con

Tino Danesi

Andrea Tibaldi

produzione

Associazione Culturale Theao

Milano

durata 50 min

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